Ci risiamo. Rientrata a Milano assieme a tutta una estate torrida da superare. Però stavolta mi sento pronta. Sono pronta ad accogliere le novità che mi sono creata da sola senza l’aggiunta di sorprese non richieste, pronta a darmi tutto il tempo per immaginare almeno un altro viaggio bello prima della fine dell’anno.
La metà di quest’anno è arrivata alla velocità di una luce che non ho ancora neppure intravisto: se dovessi fare uno dei miei soliti bilanci fittizi delle fasi intermedie direi che è successo di tutto solo per farmi ripartire dal via. Una specie di “ritenta sarai più fortunata” che ho voluto leggere in chiave positiva e propositiva, come per dirmi datti l’occasione di fare scelte più ponderate, esercita la pazienza, lascia sedimentare tutte le ipotesi grazie ad una attesa fruttuosa. Cosa vorrà dire mai tutto questo posso saperlo solo io visto che le cose che non sono ancora accadute non vanno neppure raccontate. Al massimo evocate e poi sarà quel che sarà.
Sono rientrata in una casa che avevo lasciato pulita e in ordine. C’era una bella luce e le lenzuola profumavano di quell’additivo fresco a forma di perline che mi aiuta a non pensare che per tutto l’inverno uso lo stendino in casa perché non saprei dove tenere un’asciugatrice. Che poi è lo stesso piccolo inganno che uso quando faccio la cheese cake con la ricotta perché il mascarpone è troppo pesante. Non vale, ma sono piccoli auto-inganni abbastanza accettabili. Quante volte lo faccio? Di pensare ad una cosa nella sua versione più impeccabile possibile e ripiegare sulla stessa ma in modalità modesta? A volte mi pare di analizzare quei bilanci intermedi di cui sopra sapendo sin da subito che sono “truccati”, che le voci dell’attivo e quelle del passivo siano tali secondo un criterio contabile che ho deciso soltanto io.
Sono qui da 16 anni. A volte mi pare un’eternità, altre mi pare ieri. Quante persone assurde ho conosciuto? Quante davvero significative per la mia crescita? E da quanto ho smesso in modo così significativo di credere che ce ne siano ad attendermi delle altre con cui condividere frammenti inesplorati di realtà e dintorni. Molti sono dimenticati da così tanto tempo che mi chiedo se con loro abbia perso per sempre anche la me di allora, altri mi ricordano dove non tornare mai più. Mi chiedo perché quella volta in palestra un distinto signore di mezza età, regolarmente sposato, abbia trovato normale chiedermi di passare ore, giorni, mesi assieme, a parlare su una panchina o nella sauna, o per mezzo tragitto in comune verso casa, delle nostre reciproche ossessioni, come se fosse un fatto normale tra due semisconosciuti. O quando io per altri ho pensato cose e invece erano altro, o quando non pensavo niente ma chissà perché era una colpa pure questa. Quanti sono 16 anni nel posto in cui non sei nata e ti senti ancora una turista? Quante volte ho ristrutturato questa piccola casa cercando di farla somigliare il più possibile a me? Come si computano queste cose nel bilancio intermedio di una vita nella quale starmene per conto mio mi sembrava comunque la scelta più azzeccata pure quando mi sono sforzata del contrario?
Alla fine i bilanci sono una ”rappresentazione veritiera e corretta” e, se le parole hanno un senso, è diverso dal dire che sono la verità. Mi faccio bastare l’idea che oltre ai fatti ci siano le sensazioni, le aspettative, proiezioni sul futuro a dettare la linea dei progetti futuri. Pare che le aziende veramente solide puntino tutto su questa roba qui. E io anche